Camminavamo assieme come ogni sera lungo la pista ciclabile di Porto Torres.
Il mare era mosso e le onde si infrangevano rumorosamente sugli scogli sollevando schiuma bianca che ricadeva sulla roccia nuda.
Ci fermammo un attimo ad osservare il mare.
Di fronte a noi si stagliavano, immerse nella foschia, quasi irreali, le cime dell'isola dell'Asinara.
- Guarda! - dice mia moglie - sembrano galleggiare sul mare.
La foschia in cui l'isola era immersa faceva si che sembrasse galleggiare
nell'aria.
- Si, hai ragione, è molto bella. Faccio una foto...
Ci
fermammo un attimo, il tempo necessario per scattare qualche foto e
stavamo per riprendere la camminata quando dietro di noi si fermò un
vecchio.
- Bella vista, vero? - disse, rivolgendosi a noi in sardo, ma con un accento particolare.
- Si, fantastica...
- Quelle sono le ossa del drago. - aggiunse il vecchio indicando le cime dell'isola che emergevano dalla foschia.
Era
impossibile non notare la sua pelle scura e secca. Il viso era
raggrinzito come una prugna secca e sulle labbra e sulla fronte i segni
del tempo erano incisi in profondità. Doveva avere almeno...
novant'anni, pensai!
Eppure niente nei suoi movimenti denotava stanchezza o vecchiaia.
Gli
occhi erano neri e lucenti, profondi. Di bassa statura, spalle robuste,
braccia ancora spesse e muscolose spuntavano da una vecchia maglietta
pulita ma consumata dal tempo.
Si era fermato a guardare l'isola, affianco a noi, con quei suoi occhi antichi.
- Scusate - mormorò a bassa voce, e fece per andar via.
-
Perchè dite che quelle sono le ossa del drago? - Domandò mia moglie
incuriosita più dalla figura del vecchio che dalle sue parole - Cosa
significa?
Il
vecchio si era già girato di spalle, pronto ad allontanarsi
silenziosamente come era arrivato. La domanda lo sorprese, forse, perchè
si fermò di scatto e voltatosi, ci guardava fisso, prima lei, poi me,
poi di nuovo lei... come se fosse indeciso su cosa dire.
- Volete sentire una storia antica?
-
Si, naturalmente! - disse mia moglie, mettendosi seduta nella panchina
che stava proprio affianco a noi e porgendo al vecchio la mano. Io sono
Giusy...
- ed io Alessandro.
- Bene, allora ascoltate... - e cominciò a raccontare, con la sua voce profonda da vecchio...
-
Ci fu un tempo in cui la terra era molto diversa da come la conosciamo
oggi. Il mare non era così grande, le montagne erano giovani ed alte. Il
paese, qui dietro, non era altro che un piccolo villaggio di capanne di
pescatori che si stendeva laggiù - e indico il mare di fronte a noi - e
tutta questa terra era una unica distesa di boschi di querce.
Era
estate ed il mare era calmo. Era liscio come l'olio, e molti pescatori
erano usciti al largo con le loro barche. Si pescava bene in quei
giorni, splendide orate, spigole, scorfani e sardine abbondavano. Gli
uomini rispettavano il mare e il mare rispettava gli uomini. Non come
oggi... - e mentre raccontava gli occhi gli si illuminavano, come se
parlando rivivesse quei momenti passati con rimpianto. Aveva un suo modo
di parlare che aveva qualcosa di particolare, di affascinante. La pelle
della fronte si aggrottava e distendeva, mentre parlava. Tutto il suo
corpo si tendeva mentre si concentrava per cercare di ricordare.
Sembrava quasi che lui fosse stato li presente, protagonista della sua
storia.
-
Dai vostri sguardi capisco che possiate non credermi, non vi chiedo di
credermi, ma ora ho iniziato... abbiate pazienza ed ascoltate le
farneticazioni di un vecchio pescatore.
-
La vita scorreva tranquilla. Ogni giorno il sole sorgendo illuminava
gli uomini intenti nelle loro occupazioni. C'era chi pescava, chi
esercitava la professione di medico, chi allevava bestiame, chi
panificava. I bambini andavano a scuola e, per prima cosa, imparavano
come si deve rispettare la natura. I capi delle comunità, oggi diremo i
sindaci, si occupavano del benessere di tutti e avevano una grande cura
delle cose di tutti. Il loro compito era far si che ciò che il paese
aveva ricevuto dai loro avi e predecessori venisse passato integro ai
figli e ai figli dei loro figli.
Le
parole avevano un suono familiare. Non conoscevamo il vecchio ma era
come se fosse stato sempre di famiglia. Era come se uno dei nostri nonni
fosse tornato in vita e noi, bambini, lo ascoltavamo in riverente
silenzio...
-
Le guerre erano rare. Era da tempo che nell'isola non si avevano più
problemi con i pirati. Gli ultimi erano stati scacciati definitivamente
in una grande battaglia sul mare, dove oggi c'è la spiaggia di Stintino e
le nuove generazioni non avevano idea di cosa significasse combattere
per la propria sopravvivenza. Forse ciò fu causa, almeno in parte, di
ciò che accadde dopo.
Una
mattina, all'alba, per le strade della città antica risuonò potente e
incessante la sirena dell'allarme. Uomini e donne si precipitarono per
strada, non più abituati a sentire il sibilo della sirena. I vecchi,
nonostante gli acciacchi, furono i primi a riversarsi per strada.
Prendevano con se solo un soprabito pesante e una fiasca d'acqua,
incitando i giovani a fare come loro e con quel carico leggero si
dirigevano verso gli ingressi che portavano sotto terra. Di questi
ingressi ormai non è restato più niente a vista, infatti il mare li ha
ricoperti tutti e molti sono crollati.
Il
vecchio si fermò un attimo ad osservare il mare sotto di noi, quasi
potesse vedere cose che noi non vedevamo. Il suo sguardo era fisso verso
la chiesetta di Balai vicino.
-
Immagino che gli ingressi si trovassero dove oggi si trovano le
profonde fenditure nella roccia. - Disse mia moglie indicando le
spaccature che mettono a rischio la tenuta della strada che costeggia
Porto Torres.
-
Si, laggiù c'era l'ingresso principale e da quassù avreste visto
migliaia di persone che senza mai voltarsi si dirigevano a passo veloce
nelle profondità della terra. Molti di loro non sapevano come
comportarsi ma i più anziani gli davano l'esempio. Per i bambini era
tutto più semplice. Per loro era quasi come un gioco. A scuola gli
veniva insegnato che dovevano prendersi per mano e seguire gli adulti,
in silenzio, e così facevano.
Poi
c'erano gli altri, quelli che avevano dei compiti specifici da
assolvere. C'era chi era incaricato di provvedere ai viveri per tutti;
un piccolo gruppo di uomini e donne erano incaricati di ciò. Si
diressero verso i camini in pietra disseminati per il paese e grazie a
grossi cesti vi calarono dentro tutto il pane fresco, verdure, frutta e
formaggi che trovarono nei banconi dei negozi, quindi anche loro si
misero in salvo. Questi camini in pietra oggi non esistono più, sono
stati distrutti dal tempo che riduce in polvere le pietre come i
ricordi.
E infine c'erano i sacerdoti. Anche loro avevano il loro bel da fare.
I
più giovani si misero subito a disposizione dei più vecchi. Avevano
bisogno della loro guida per compiere tutte le operazioni che avevano
studiato sui testi sacri ma mai messe in pratica. Ognuno di loro aveva
il suo compito, ma il più importante era il Grande Padre, colui che
aveva la responsabilità di tutte le operazioni per il risveglio, colui
che non poteva essere sostituito perchè ne nasceva solo uno ogni mille
anni e il suo destino era segnato sin dalla nascita.
- Il grande padre? Risveglio? Ma di cosa sta parlando? - Dissi a voce bassa all'orecchio di mia moglie, un po spazientito...
- Shhh! - Mi rispose lei - lasciami ascoltare!
Era
un vecchio dalle rughe profonde che solcavano la sua fronte ampia. La
pelle scurita dalle tante stagioni passate lo faceva somigliare ad una
mummia di quelle che si vedono nei musei. Ma la sua mente era sveglia, i
suoi occhi attenti, lo spirito presente in ogni momento, la voce
potente...
Era
circondato dai suoi dieci allievi. Un giorno uno di loro, solo uno,
avrebbe preso il suo posto. Fortunato e sfortunato allo stesso tempo,
avrebbe visto gli anni scorrere a fiumi, i suoi amici sarebbero
invecchiati e morti, con loro sarebbero scomparsi i suoi affetti più
cari...
Le
operazioni si susseguivano senza sosta, la voce cantilenante del Grande
Padre risuonava per tutto il paese diffondendo quel senso di sicurezza
che tanti secoli di storia assicuravano. Il rumore di antichi ingranaggi
rimessi in movimento dopo tanti anni risuonava nell'aria e la polvere
del tempo si sollevava dalle colline e si diffondeva nell'aria
ricoprendo i tetti delle case di un sottile strato lucente.
In
lontananza si intravvedevano le sagome di navi da battaglia. Alcune
solcavano il mare, le più grandi, altre volavano nell'aria, leggere.
Il
Grande Padre sapeva di non avere più molto tempo ma non poteva far
altro che ripetere quelle operazioni che aveva imparato tanti anni prima
e che aveva già messo in atto diverse volte in passato. Non avrebbe
modificato una sola operazione, non avrebbe cambiato una sola parola del
suo cantilenante ritmo.
Il difensore intanto si risvegliava.
La
testa affusolata era già emersa dalla polvere, le sue spalle possenti
la sostenevano, centinaia di metri al di sopra dei tetti delle case più
alte. La polvere continuava a cadere sui tetti dando l'idea di un paese
abbandonato da tempo.
Poi,
il Grande Vecchio si fermò! Smise per una attimo di cantare, solo per
un attimo, per poi riprendere con una nenia del tutto differente. Mentre
prima doveva risvegliare il difensore, ora doveva guidarlo in
battaglia, contro il nemico che era sempre più vicino. Il ritmo si fece
più incalzante, la voce più profonda e potente che mai. Suoni minacciosi
come rombi di tuono riempivano l'aria. Lampi di fuoco colpivano la
terra e il mare circostante, senza però nuocere gli uomini che oramai,
compiuto il loro dovere, erano riparati nei rifugi. Solo il Grande
Padre, con i suoi dieci giovani aiutanti, proseguiva nel suo lavoro,
mettendo a rischio la propria vita per la salvezza di tutti gli altri.
Il vecchio continuava il suo racconto.
La
voce roca e profonda aveva un effetto quasi soporifero su di noi eppure
le parole risuonavano chiare nella nostra mente. In lontananza la
sagoma dell'isola dell'Asinara sembrava prendere vita e rizzarsi su
zampe possenti a difesa del porto e della cittadina di Porto Torres.
Io e mia moglie sembravamo in trance...
Poi
si udì un boato spaventoso. Una colonna di fuoco e polvere si sollevò
proprio di fronte al paese, dove oggi c'è il porto. In lontananza un
rombo di tuono, continuo, si avvicinava minaccioso, portando con se il
terrore della forza della natura violenta. Il mare si riversò sul paese,
lungo le strade, dentro i camini di pietra, fin nelle viscere della
terra.
Il
Grande Padre e il difensore sembravano inermi di fronte all'ondata
distruttiva. Il nemico era stato colpito anch'esso. Le grandi navi in
balia delle onde vennero rovesciate. I vascelli volanti, sorpresi alle
spalle dall'onda gigantesca non fecero in tempo a sollevarsi e furono
travolti.
Fu un giorno terribile...
Mentre pronunciava queste parole, il vecchio piangeva, come se, ancora una volta, rivivesse quei terribili istanti.
Poi
il difensore, sentendo il pianto del Grande Padre per la distruzione
che lo circondava, prese l'iniziativa. Ritto sulle sue enormi zampe si
frappose tra il paese ed il mare, trattenendo quell'enorme onda,
impedendo che raggiungesse l'ingresso principale dei sotterranei.
Il
difensore si distese di fronte al paese formando una enorme catena
montuosa che col tempo e con il crescere delle acque si trasformò in
un'isola, l'isola dell'Asinara.
Quelle
che oggi vedete, confuse nella foschia, non solo altro che le ossa di
un vecchio difensore, sacrificatosi per il paese... le ossa del drago!
Alzammo gli occhi di fronte a noi.
Le gobbe dell'isola sembravano ciò che restava di un gigantesco drago, ormai a riposo.
Ci
girammo intorno ma il vecchio, così com'era arrivato, silenziosamente
era sparito, lasciandoci nel cuore il senso di tristezza e solitudine di
una giornata umida e ventosa...
Alessandro Rugolo e Giusy Schirru
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