Era stata una giornata pesante.
Dopo lo sbarco era immediatamente iniziato un lavoro
febbrile tra la nave e il campo a terra. Tutti si muovevano su e giù
dalla nave scaricando barili, attrezzatura e materiale da
costruzione, cordame, vele, reti da pesca, strumenti di misura e da
disegno.
I carpentieri si misero subito all'opera per ispezionare
la nave e riparare i danni della lunga navigazione. Altri iniziarono
a riparare le vele e controllare il cordame del vascello.
Ma il grosso del lavoro era a terra.
Era necessario preparare un campo prima di dare inizio
alla esplorazione della nuova terra, bisognava raccogliere tutte le
informazioni possibili sulle caratteristiche del territorio, sulle
risorse disponibili e sulla presenza di indigeni.
Il campo era situato ad alcune centinaia di metri dalla
linea di costa in cui eravamo sbarcati. Il luogo era ben protetto dai
venti e si trovava a circa dieci metri sul livello del mare, al
sicuro dall'alta marea e allo stesso tempo sufficientemente lontano
dalla foresta che si estendeva a perdita d'occhio lungo tutta la
costa.
La prima notte qualcuno aveva notato dei fuochi sulla
cima della collina, a qualche miglio di distanza dal campo e la voce
si era diffusa velocemente tra gli uomini, forse non era niente ma
era meglio assicurarsene. Occorreva verificare che sull'isola non si
trovassero indigeni ostili prima di potersi dedicare alla raccolta
delle provviste che avrebbero consentito di proseguire
l'esplorazione della nuova terra.
Inoltre occorreva risolvere immediatamente il problema
dell'acqua, le riserve custodite a bordo erano quasi finite. Era
necessario trovare una sorgente al più presto.
Il Capitano Vivaldi organizzò accuratamente
l'esplorazione dell'isola dividendo il personale in tre gruppi.
Il primo e più numeroso sarebbe restato al campo base
con l'incarico di costruire una palizzata difensiva contro la visita
di animali o di ospiti non desiderati e di provvedere alla ricerca
dell'acqua e alla raccolta di provviste.
Il materiale da costruzione non mancava di certo e i
carpentieri erano degli esperti nel tagliare e lavorare il legno. Nel
giro di mezza giornata con l'aiuto di una squadra di mozzi avevano
tagliato gli alberi necessari a costruire il recinto e le capanne per
gli uomini. La sera il recinto era quasi terminato e un riparo
provvisorio fu innalzato per la notte. A poca distanza dal campo fu
trovato un ruscello dall'acqua era fresca e pulita.
Gli altri due gruppi esplorarono la costa fino ad una
distanza di tre ore dal campo e rientrarono al campo prima prima che
tramontasse il sole senza aver trovato tracce di vita umana. In
compenso avevano catturato diversi esemplari di una razza tipica di
maiali del luogo. Dopo mesi di navigazione un po' di carne avrebbe
fatto bene al loro fisico debilitato.
Le esplorazioni sarebbero proseguite nei giorni seguenti
ma non diedero alcun risultato di rilievo. Nessuna traccia di
villaggi indigeni o della presenza dell'uomo.
Il terzo giorno una squadra raggiunse la collina sulla
quale la sera dell'arrivo erano state viste delle luci ma questa
volta le cose erano diverse.
Di fronte alla squadra di esploratori si ergeva una
antica costruzione in pietra. Segno indiscutibile della presenza
umana.
Era una specie di
piramide in pietra abbandonata da secoli.
Frate Nicola in quei primi giorni si era dedicato a
prendere appunti e a disegnare mappe. Aveva tenuto traccia nel suo
diario degli avvenimenti principali durante la navigazione e della
posizione delle stelle per cercare di calcolare la rotta tenuta e la
distanza percorsa. Le sue osservazioni sarebbero state utili al suo
rientro ed erano quanto di più prezioso possedesse. Quando la
squadra tornò con la notizia del ritrovamento di una strana
costruzione a forma di piramide fra' Nicola decise che il giorno dopo
sarebbe andato anche lui sul posto per raccogliere informazioni.
Forse i suoi studi questa volta potevano risultare utili. Durante gli
ultimi anni aveva passato molto tempo a lavorare per arricchire la
biblioteca dell'Ordine e sempre sotto la guida di Giovanni aveva
letto molti libri di storia. Classici latini e greci.
La mattina dopo il drappello partì dal campo di buon
ora. Frà Nicola seguiva il nostromo che aveva il compito di guidare
la spedizione. Durante il viaggio che durò appena quattro ore e non
presentò alcuna difficoltà si fermò diverse volte ad osservare la
flora e la fauna e a prendere appunti. Vi erano piante simili a
quelle europee ma quasi sempre erano di dimensioni differenti, molto
più grandi e rigogliose. Fratello Giovanni sarebbe stato molto utile
in quel momento. Lui aveva avuto una grande conoscenza dei frutti
della terra. Raccolse alcune piante che potevano essere utili per le
loro capacità curative e altre che invece destavano il suo interesse
per le forme particolari e i colori sgargianti. Arrivati alla
piramide il nostromo Vadino Doria diede disposizioni per preparare un
campo temporaneo. Avrebbero passato alcune notti nei pressi della
piramide per esplorare la zona con calma ma occorreva come al solito
premunirsi dagli animali e da eventuali visite inaspettate. Il lavoro
iniziò subito e tutti si diedero da fare. Fu approntato un rifugio
temporaneo utilizzando i resti in pietra di quella che sembrava una
capanna abbandonata da tempo e che avrebbe dato riparo ai dieci
uomini del gruppo. Acceso il fuoco, i marinai si sedettero a mangiare
del pesce salato e dei tuberi allungati che crescevano in parte sotto
terra e che dopo cotti avevano un buon sapore anche se un po
dolciastro. C'era acqua in abbondanza e se non fosse stato per la
distanza dal mare che avrebbe impedito di sorvegliare la nave,
sarebbe stato un ottimo posto per il campo permanente. Nel frattempo
frate Nicola e Vadino e due mozzi armati di grossi coltelli
cominciarono ad esplorare i dintorni della piramide. Era una
struttura antica, abbandonata forse da secoli. In mezzo alle grosse
pietre erano cresciute delle piante alte anche venti metri e che, a
giudicare dalla dimensione del tronco dovevano avere almeno cento
anni. La piramide era costruita a scaloni. Il primo era alto almeno
due metri e le rocce utilizzate erano enormi. I quattro uomini si
arrampicarono sul primo livello e fecero tutto il giro della piramide
a forma perfettamente quadrata. Ogni lato doveva essere lungo circa
cento metri. La piramide presentava una grossa apertura solo su un
lato che dava verso est. Purtroppo l'ingresso era crollato da tempo
ed era impossibile rimuovere le rocce che ne ostruivano il passaggio.
Nel mezzo di ogni lato si trovavano delle scalinate che da terra
portavano fino alla cima. Dal basso non le avevano notate a causa
della vegetazione ma ora era facile individuarle. Decisero di salire
in cima alla piramide per vedere se era possibile accedere alla
struttura. La piramide era alta circa cinquanta metri ed era composta
da diversi livelli, sembravano cinque grosse piattaforme impilate
l'una sull'altra e in cima, al centro dell'ultima piattaforma, vi era
una grossa roccia piatta scolpita, una specie di altare, pensò
subito frate Nicola. Purtroppo da lassù non era possibile entrare
all'interno della costruzione. Avrebbero dovuto esplorare tutte le
pareti con calma per cercare un qualche accesso secondario.
Il tramonto si avvicinava quando uno dei mozzi lanciò
un urlo per richiamare l'attenzione del nostromo. Aveva trovato
qualcosa. Una specie di stretto cunicolo si apriva a metà della
parete ovest e sembrava penetrare all'interno della piramide per
alcuni metri prima che il buio impedisse di vedere oltre.
- Solo un ragazzo o un uomo molto magro potrebbe pensare
di entrare ad aesplorare quel cunicolo e di riuscire a uscirne vivo.
Disse il nostromo rivolgendosi a frate Nicola sconsolato.
- Pensavo che forse uno dei giovani carpentieri forse
potrebbe farcela. Mi sembra si chiami Andrea, ma è restato al campo
base. Potremmo mandarlo a chiamare e se tutto va bene domani in tarda
mattinata potremmo averlo qui da noi. Cosa ne pensate Vadino? Rispose
frate Nicola, senza troppa convinzione.
- Vale la pena di provare. Chiamati due dei suoi uomini
gli diede disposizioni affinchè rientrassero al campo e riferissero
al Capitano le scoperte e le loro esigenze. Sarebbero dovuti tornare
la mattina dopo con il carpentiere che si chiamava Andrea.
I due uomini partirono subito. Andando di buon passo con
un po' di fortuna sarebbero arrivati al tramonto.
Non sarebbe stato semplice entrare nella piramide e la
luce cominciava a calare. Avrebbero ripreso l'esplorazione il giorno
dopo con calma, sperando di trovare qualche altro passaggio più
praticabile. Intanto gli altri uomini avevano terminato di appontare
il riparo e avevano preso alcuni esemplari di grossi animali che
assomigliavano a grossi conigli selvatici e che avrebbero fatto da
cena per quella sera.
Mangiarono con gusto e poi andarono tutti a dormire.
Dell'erba gettata in terra avrebbe fatto da giaciglio e una vecchia
coperta di lana li avrebbe protetti dal freddo della notte. Il fuoco
ardeva al centro della capanna e alcuni rami freschi sarebbero
serviti a chiudere l'ingresso di quell'improvvisato rifugio. La
stanchezza era tanta e tutti si addormentarono pesantemente.
Frate Nicola e il nostromo si sedettero vicino al fuoco
e passarono una mezz'ora a chiacchierare del loro viaggio. Vadino
Doria era poco più grande di frate Nicola. Doveva avere trentacinque
o trentasei anni. Apparteneva ad una importante e famosa famiglia
genovese che vantava molti avi nella marina e nel commercio. Da
piccolo aveva sempre avuto come esempio da seguire uno zio materno
che era un Capitano della marina genovese. Sin da piccolo aveva
viaggiato con lo zio attraversando il mediterraneo in lungo e in
largo. Nonostante la sua giovane età conosceva i venti e le stelle
meglio della propria città e se qualcuno poteva guidarli attraverso
l'oceano quello era proprio lui. E così era stato! Ora dava
dimostrazione di essere anche un buon comandante, tranquillo ma
deciso e autorevole, gli uomini lo rispettavano anche più del
Capitano. Il Capitano era temuto, Vadino invece era amato e
rispettato. Si erano appena sdraiati ai piedi del fuoco quando
sentirono un fruscio subito fuori dall'accampamento li fece alzare di
colpo. Vadino afferrò la sua sciabola e frate Nicola raccolse un
grosso bastone da terra. Era meglio controllare che non si trattasse
di qualche animale pericoloso. Svegliarono gli uomini
dell'accampamento e armati di torce uscirono a controllare. Mentre
rimuovevano i rami che chiudevano l'ingresso un ruggito li mise in
allarme. Doveva essere un leone o un animale simile. Il buio non
permetteva di vedere che a pochi passi e non era il caso di
allontanarsi dal campo. Accesero altri fuochi nei dintorni e
tornarono dentro l'accampamento, rinforzando il tetto e l'ingresso
con alcuni tronchi raccolti la davanti.
- Sarà meglio se qualcuno resta di guardia questa notte
– disse Vadino rivolgendosi ai suoi uomini – turni da due ore. Il
primo turno è il tuo Giovanni. Disse Vadino ad uno dei suoi che
sembrava più riposato.
- Io gli faccio compagnia – disse frate Nicola –
tanto non ho più sonno.
Stabiliti i turni di guardia gli altri tornarono a
dormire. La notte era ancora lunga e il giorno dopo avrebbero dovuto
proseguire la loro esplorazione e dovevano riposare, per quanto
possibile.
La notte proseguì senza altri problemi. Il grosso
animale si era fatto sentire qualche altra volta ma sempre più in
lontananza. Evidentemente il fuoco ed i rumori lo avevano spaventato.
Il resto della notte passò tranquilla e gli uomini poterono
finalmente riposare.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
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