sabato 25 giugno 2011

Spire...

Nel seminterrato del garage c'era poca luce... come sempre peraltro!

Dalle grate sopra la nostra testa  filtrava qualche raggio isolato. 
Il pulviscolo sembrava danzare... come se i fotoni, colpendolo, trasmettessero parte della loro energia a quelle minuscole sfere di polvere. 
Poteva sembrare un gioco... un immenso biliardo tridimensionale!

"Che strano odore c'è oggi... sembra muffa". Disse mia moglie...

Era vero, proprio strano. Solitamente nonostante l'umidità non si sentivano odori...

"Cos'è quello?". Urlò preoccupata...

"Cosa?"
Non vedevo niente di strano...

"Guarda là, in terra, nell'angolo a sinistra..."
e intanto indicava con la mano tesa una massa scura, immobile, appoggiata alla parete.

"E'... sembra... un serpente morto. Che schifo..." 

Ora vedevo meglio... non era un serpente, sembrava una grossa sogliola un poco più allungata. 
Qualunque cosa fosse sembrava morta... e ora che mi ci trovavo vicino mi rendevo conto che l'odore di muffa che avevamo sentito poco prima proveniva proprio da quella massa informe... sembrava l'odore della morte... odore di sostanze in decomposizione... 

Mia moglie restò immobile, qualche metro dietro. Io e mio figlio ci avvicinammo ad osservare meglio quello strano essere. Raccolsi un bastone da terra e rivoltai la carcassa.
Il fetore aumentò! Era sicuramente morto... ma ancora non capivamo di cosa si trattasse!

"Andiamo via... ho paura!" 
Mia moglie aveva parlato con voce tremante, sembrava realmente spaventata...

"Dai, che ti prende? 
Non vedi che è morto? Di cosa hai paura?"

Era una situazione strana... 
Ricordo come fosse ora quel momento. Sembravo tornato bambino... sollevai quel corpo maleodorante col bastone e, con uno strano sorriso sulle labbra, spinto da uno stupido irrefrenabile impulso che non provavo da anni, lo lanciai verso i suoi piedi, godendo della vista di mia moglie spaventata. 

"Attenta, ecco il mostro che arriva in volo!"

Una smorfia di terrore era apparsa sul suo volto. Il corpo era caduto ai suoi piedi con un rumore sordo. 
Ci girammo e ancora ridendo come ragazzini cattivi ci dirigemmo verso l'angolo che nascondeva il garage alla nostra vista. Per noi lo scherzo era finito.

Lei era restata li, come di ghiaccio. Non sapeva neanche lei perché era così spaventata... era più forte di lei! 
Il cervello correva veloce indietro nel tempo, alla ricerca di ricordi e sensazioni... era un incubo! 
Un incubo che l'aveva torturata tante volte in passato e che questa volta si stava realizzando. 
Guardò il corpo immobile ai suoi piedi... sapeva benissimo cosa stava per accadere, l'aveva vissuto tante volte in sogno!

Il corpo scuro ai suoi piedi si rianimò. Una scossa elettrica sembrava percorrerlo per dargli nuova vita.
L'odore sembrava più intenso (o si trattava, della sua paura?). 
La massa elastica di quell'essere mostruoso si arrampicò su per i piedi, verso le caviglie... cominciò ad  allungarsi e arrotolarsi intorno alle sue gambe.
Strettamente, come una grossa benda elastica...

Lei era sempre immobile, terrorizzata. 
Poteva sentire il battito del suo cuore che correva all'impazzata cercando di scappare, almeno lui, da quella stretta mortale... le costole lo trattenevano a malapena!

Sarebbe bastato un urlo, un rumore qualunque... 
Sarebbe stato sufficiente cadere a terra, per attirare l'attenzione di chi aveva appena girato l'angolo. 
Erano li, suo marito e suo figlio, a dieci metri di distanza... li sentiva armeggiare con le chiavi per cercare di aprire la serranda un po arrugginita. Sentiva il loro respiro amplificato... poteva quasi vederli, ma non riusciva a trovare la forza per chiedere aiuto. 
Sapeva che tra qualche istante, non vedendola arrivare, sarebbero tornati indietro a cercarla, a vedere cosa fosse accaduto... ma sarebbero arrivati in tempo? 

No, il suo cuore non avrebbe retto, lei lo sapeva. 
Le sue ossa scricchiolavano sotto la stretta tremenda di quell'essere mostruoso... sentiva la pressione sulla pelle, sulle gambe, sulla pancia, sui polmoni... sentiva la morte che avanzava lungo le sue membra.
Quel corpo mostruoso e possente continuava ad allungarsi come un enorme serpente. Sarebbe morta schiacciata, se lo sentiva... oppure di paura, l'infarto era li, proprio dietro l'angolo.

L'essere aveva ormai raggiunto il collo e le si stringeva attorno come una sciarpa d'inverno... un gemito involontario le uscì dalla bocca... era stato solo un sospiro, pochi decibel che avrebbero potuto significare la salvezza o la morte... chissà se loro l'avevano sentita... ancora qualche istante di agonia e poi tutto sarebbe finito, come nel sogno, in quell'incubo ricorrente che...

"Giusy, sveglia.
Va tutto bene...
Il tuo solito incubo, vero?"

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 
 
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domenica 5 giugno 2011

Tzunami...



Era una bella giornata, particolare!  
Da anni scrivevo racconti e poesie, pubblicavo i miei studi sui testi antichi, ma mai e poi mai ero stato invitato a parlare della mia attività di scrittore e libero pensatore. 
La prima volta non si scorda mai... e così è stato!

Queste poche righe vogliono testimoniare un fatto accadutomi in quei giorni. 
Non ho spiegazioni da dare per ciò che è accaduto, questa è una semplice testimonianza di un sopravvissuto. Come questa ne potrete trovare altre, se cercherete con sufficiente pazienza e perseveranza tra le immense quantità di dati disponibili...

Ognuno di voi lettori sarà poi libero di credere o no, secondo la sua coscienza... io posso solo raccontare!

Come dicevo, era una bella giornata. Una giornata primaverile, di quelle con il cielo terso, azzurro pallido. Alcuni raggi del sole mattutino arrivavano sul letto e riscaldavano l'aria... 
Mi svegliai con addosso quella sensazione di benessere e allegria che si provano raramente nella vita. Sarebbe accaduto qualcosa di stupendo, me lo sentivo!

E così effettivamente fu.
Erano da poco passate le dieci quando ricevetti una telefonata. 
Il telefono grigio appeso alla parete cominciò a squillare, irrequieto.
Risposi in modo automatico...

- Si, pronto?  

- Buon giorno, parlo col signor P...?

Era la voce di una giovane donna, allegra e squillante... 

- Si, con chi parlo?

- Sono la segretaria del Signor Rossi, il Direttore della rivista "Racconti e società". Immagino lei sappia che la settimana prossima si terrà un convegno sul tema "Il racconto e lo sviluppo della società". 
Il signor Rossi gradirebbe averla come ospite... e qualora decidesse di esporre le sue teorie in pubblico, oltre al soggiorno gratuito per tutta la durata del convegno, riceverà anche il compenso che lei riterrà più opportuno...

La donna dall'altra parte della cornetta continuava a parlare incessantemente... parole, parole, piacevoli parole che suonavano come il riconoscimento di anni di studi e di sacrifici.

- Certamente, ci sarò...

Avevo interrotto la donna proprio mentre si dilungava nello spiegare l'importanza del convegno e la risonanza che avrebbe avuto nell'ambiente... 

- Bene, siamo felici della sua decisione. Se mi da un numero di fax le invio immediatamente il contratto e tutte le informazioni di cui necessiterà. 

Poche altre parole di coordinamento e la cosa era fatta. Ricevetti le informazioni necessarie per raggiungere la sede del convegno, i biglietti di andata e ritorno, la prenotazione dell'hotel e il contratto...
Era proprio una bella, splendida, giornata...

Arrivai all'hotel a tarda sera. L'aereo era stato puntuale. Raggiunsi l'hotel in tassì. La mia camera era la 27, una splendida camera con vista panoramica sul golfo. L'aria era frizzante ma decisi comunque di cenare fuori, in terrazza. La notte era appena cominciata e la luna illuminava il mare di fronte a me... il rumore della risacca era leggero e piacevole. Ordinai una zuppa di pesce e del pane abbrustolito... 
La mattina dopo avrei incontrato il signor Rossi. Avrei avuto la possibilità di discutere con lui in anteprima alcune mie teorie. Il programma della giornata prevedeva la visita presso una casa padronale del '600. Avremo pranzato tutti assieme in un grande loggiato, organizzatori, ospiti, scrittori. Sarebbe stata una buona occasione per conoscersi meglio e discutere le proprie teorie prima del convegno che si sarebbe tenuto il giorno dopo.   

Il signor Rossi era un ometto piccolo di statura, elegantemente vestito, con dei baffetti curiosi che lo facevano assomigliare alla caricatura di un Ufficiale di Cavalleria di altri tempi. La sua rivista era la più importante del settore e aveva una grossa influenza sui pezzi grossi della politica della Nazione. 
Da quando era stato riconosciuto il potere che i racconti, soprattutto di fantascienza, avevano sulla popolazione, la sua rivista era diventata importante e lui era diventato uno dei personaggi più in vista della società. 

- Buon giorno signor P., è un piacere conoscerla di persona...

La sua voce era profonda, calda, rassicurante. Era la voce di un uomo abituato a comandare, di un politico d'altri tempi.

- Il piacere è tutto mio.

- Benvenuto tra noi... spero avremo la possibilità di discutere le sue teorie sullo sviluppo pianificato del futuro per mezzo del racconto, una teoria in parte ripresa da Asimov, se non erro!?!

- Non sbaglia, si tratta di uno sviluppo particolare della Psicostoriografia...

- Immaginavo... mi perdoni, tornerò da Lei al più presto, devo fare gli onori di casa e gli ospiti sono tanti. Le ho riservato un posto al mio fianco per il pranzo, così avremo l'occasione di approfondire alcuni punti della sua teoria che non mi sono del tutto chiari, se non le spiace naturalmente.

- Sarà un piacere...

Il signor Rossi si allontanò con un saluto del capo. 
Mi guardai intorno meravigliato, gli uomini politici più influenti del Paese si trovavano nella mia stessa stanza. Potenti... e disonesti, uomini corrotti che pensavano solo al loro proprio tornaconto.
Quale occasione straordinaria per spiegare le mie teorie, per cercare di cambiare il futuro... senza che loro potessero sospettarlo! 
Dipendeva tutto da me, dalla mia abilità nel disegnare un futuro possibile alla portata della loro immaginazione  e delle loro mire! Non sarebbe stato facile, ma avrei avuto la mia occasione per cambiare il mondo.

Mi guardai intorno con più calma, il loggiato nel quale ci trovavamo era ampio e luminoso. Appesi alle pareti si trovavano oggetti in legno di tutti i tipi. Vecchi utensili un tempo di uso comune nelle case dei contadini ma anche maschere scure dai lineamenti squadrati, inquietanti...

Avevo portato la macchina fotografica e approfittai di quei momenti per scattare alcune foto ricordo. La villa si trovava sulla costa, a poche centinaia di metri dal mare, in una posizione splendida per godere di una vista stupenda e di tutti i vantaggi dell'ambiente circostante.
Uscii sul portico per scattare qualche bella fotografia panoramica. Sulla sinistra un promontorio roccioso si gettava in mare a strapiombo. Le sue rocce si specchiavano nell'acqua azzurra e profonda. Di fronte a me una lunga striscia di sabbia bianca. Sulla destra alcune palme ricordavano paesaggi tropicali...
In lontananza, oltre l'orizzonte, una nuvola scura sembra preannunciare l'arrivo di un temporale lontano... eppure c'era qualcosa di strano.
La nuvola sembrava avanzare velocemente, troppo velocemente. Realizzai con terrore che non si trattava di una nuvola ma di una enorme massa d'acqua che si avvicinava velocemente. Il mare si gonfiava in lontananza, risucchiando l'acqua dalla riva che scopriva i suoi fondali...

Cominciai a correre, urlando... mentre l'onda di piena raggiungeva già il selciato antistante la casa. 
Dietro la casa la costa rocciosa saliva velocemente. Mi arrampicai verso la salvezza, seguito da quei pochi che avevano sentito le mie urla. Ci arrampicammo su per la scarpata, senza voltarci indietro...

Era accaduto tutto in pochi attimi. 
L'onda era arrivata gonfia d'acqua e se ne era andata portando via con se tutto ciò che aveva potuto afferrare. 
La maggior parte dei presenti erano stati trascinati via dalla forza distruttiva dello Tzunami. 
Ci salvammo solo in cinque. 
Quella volta la natura aveva provveduto a cambiare il futuro del Paese in modo radicale... 
Avrei dovuto ripensare le mie teorie, per includere in esse qualcosa che fino ad allora avevo lasciato fuori... la Provvidenza Divina!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 
 
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sabato 4 giugno 2011

Uno strano incontro...

E' un giorno come tanti altri,
un giorno di primavera inoltrata che a causa dei capricci del tempo sembra piuttosto appartenere ad un fresco autunno. 
Parcheggio la macchina sotto casa e mi dirigo verso il cancello, le chiavi in mano...

- Hei, paesà...

Non capisco subito, mi guardo intorno.
A pochi metri da me un vecchio, capelli brizzolati, mossi, tagliati corti, di bassa statura, leggermente gobbo e tremolante, mi osserva. 

- Paesà, vedi quelle cose... là?

Indica con la mano dei cartelli stradali, ammucchiati lungo il marciapiede... fino al giorno prima erano sistemati ad indicare una modifica dei sensi di marcia. Parla con un accento forte del sud...

- Beh, compaesani è difficile..

Gli rispondo, stressando ancora di più il mio accento Sardo (magari così se ne va, penso).

 - Come no, paesani, italiani siamo...

Per un attimo resto senza parole. Ha ragione... questa risposta non me l'aspettavo! 

- Li vedi quelli? 

Insiste lui indicandomi ancora una volta il mucchio di cartelli stradali ormai inutili.

- Li ho messi io... perché le macchine... non riesce... parcheggio... ora si, è tutto libero, vedi?

Sul viso gli si legge un'aria soddisfatta, come di chi abbia appena vinto la sua battaglia più importante. In effetti i cartelli davano fastidio a chi doveva parcheggiare. Quell'uomo aveva reso un buon servigio, e lo sapeva...

- Armando mi chiamo, di Catanzaro...

Aveva fatto tutto lui, balbettava e ripeteva le parole. Sicuramente non aveva tutte le rotelle a posto, poveretto!

- Paesà, che mi presti venti centesimi?

Ecco... ora chiedeva la giusta ricompensa per il lavoro svolto! Lo osservo meglio, sembra innocuo. I suoi abiti sono vecchi ma puliti, lisi dal tempo. Non puzza d'alcol ne di sigaretta... forse i soldi gli servono per mangiare. Cerco nel taschino qualche moneta e gliela porgo.

- Grazie paesano... grazie!

Ora sono io che guido...

- Armando... ti chiami Armando, ho capito bene? Che ci fai qui, a Legnano?

Armando mi sorride e comincia a raccontare, lentamente, balbettando e ripetendo parole e concetti.

- Diciassette... diciassette anni avevo. la prima volta a Legnano...

Racconta di essere arrivato a Legnano tanti anni prima, aveva diciassette anni. Ne saranno passati almeno cinquanta. Mi racconta del suo lavoro di allora, un po' a parole un po' a gesti. Lavorava in un altoforno per la ghisa. Produceva tombini e grate...

- La ghisa è forte, ma debole... forte ma debole...

E' proprio vero, la ghisa è forte ma debole allo stesso tempo! Mi racconta che ogni tanto la ghisa esplodeva, come i fuochi d'artificio. 

- Buummm... e poi cadevano i pezzi, ti buca un piede... anche con lo scarpo!

Armando si ferma ogni parola, per riflettere. Mi guarda in faccia per vedere se io lo capisco. Sorride e, felice, prosegue il suo racconto a gesti.

Percorriamo assieme qualche metro, quindi lo ringrazio per le spiegazioni sulla lavorazione della ghisa e lo saluto rumorosamente, come avrebbe fatto probabilmente un suo vecchio amico della sua Catanzaro.

Mi allontano, felice, per avere aiutato un paesano... Armando, un italiano...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 
 
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